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프란치스칸 성인/성지



축일:2월8일
성녀 요세피나 바키타 동정
Santa Giuseppina Bakhita Vergine
Saint Josephine Bakhita
Born: 1868 at Oglassa, Darfur, Sudan
Died: 8 February 1947 of natural causes in Italy
Name Meaning: the lucky one; fortunate ( = bakhita); whom the Lord adds (Joseph)
Beatified: 17 May 1992 by Pope John Paul II
Canonized: 1 October 2000 by Pope John Paul II at Saint Peter's Basilica, Rome, Italy;
thought to be the only saint originally from Sudan
Patronage: Sudan















Santa Giuseppina Bakhita Vergine
8 febbraio - Memoria Facoltativa
Oglassa, Darfur, Sudan, 1868 - Schio, Vicenza, 8 febbraio 1947


Nasce nel Sudan nel 1869, rapita all'età di sette anni, venduta più volte, conosce indicibili sofferenze fisiche e morali. Nel 1882 viene comprata a Kartum dal Console Italiano Calisto Legnani. Nel 1885 viene in Italia dove, a Genova, il Console l'affida alla famiglia del suo amico Augusto Michieli e diventa la bambinaia della loro figlia. Quando la famiglia Michieli si sposta sul Mar Rosso, Bakhita resta con la loro bambina presso le Suore Canossiane di Venezia. Qui, il 9 gennaio 1890, richiede il battesimo prendendo il nome di Giuseppina. Nel 1893 decide di farsi suora canossiana per servire Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. Divenuta suora, nel 1896 è trasferita a Schio (Vicenza) dove muore l'8 febbraio del 1947. Per cinquant'anni ricoprì compiti umili e semplici offerti con generosità e virtù eroiche, le consorelle la stimarono per la sua bontà e carità. E' stata beatificata da Giovanni Paolo II il 17 maggio 1992 e canonizzata il I ottobre 2000.



Nacque nel Sudan nel 1869 e morì a Schio (Vicenza) nel 1947. Fiore africano, che conobbe le angosce del rapimento e della schiavitù, si aprì mirabilmente alla grazia in Italia, accanto alle Figlie di S. Maddalena di Canossa.


La Madre Moretta
A Schio (Vicenza), dove visse per molti anni, tutti la chiamano ancora 'la nostra Madre Moretta'. Il processo per la causa di Canonizzazione iniziò dodici anni dopo la sua morte e il 1 dicembre 1978 la Chiesa emanò il decreto sull'eroicità delle sue virtù. La divina Provvidenza che 'ha cura dei fiori del campo e degli uccelli dell'aria', ha guidato questa schiava sudanese, attraverso innumerevoli e indicibili sofferenze, alla libertà umana e a quella della fede, fino alla consacrazione di tutta la propria vita a Dio per l'avvento del regno.


In schiavitù
Bakhita non è il nome ricevuto dai genitori alla sua nascita. La terribile esperienza le aveva fatto dimenticare anche il suo nome. Bakhita, che significa 'fortunata', è il nome datole dai suoi rapitori. Venduta e rivenduta più volte sui mercati di El Obeid e di Khartoum conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù.


Verso la libertà
Nella capitale del Sudan, Bakhita venne comperata da un Console italiano, il signor Callisto Legnani. Per la prima volta dal giorno del suo rapimento si accorse, con piacevole sorpresa, che nessuno, nel darle comandi, usava più lo staffile; anzi la si trattava con maniere affabili e cordiali. Nella casa del Console, Bakhita conobbe la serenità, l'affetto e momenti di gioia, anche se sempre velati dalla nostalgia di una famiglia propria, perduta forse, per sempre. Situazioni politiche costrinsero il Console a partire per l'Italia. Bakhita chiese ed ottenne di partire con lui e con un suo amico, un certo signor Augusto Michieli.


In Italia
Giunti a Genova, il Signor Legnani, su insistente richiesta della moglie del Michieli, accettò che Bakhita rimanesse con loro. Ella seguì la nuova 'famiglia' nell'abitazione di Zianigo (frazione di Mirano Veneto) e, quando nacque la figlia Mimmina, Bakhita ne divenne la bambinaia e l'amica. L'acquisto e la gestione di un grande hotel a Suakin, sul Mar Rosso, costrinsero la signora Michieli a trasferirsi in quella località per aiutare il marito. Nel frattempo, dietro avviso del loro amministratore, Illuminato Checchini, Mimmina e Bakhita vennero affidate alle Suore Canossiane dell'Istituto dei Catecumeni di Venezia. Ed è qui che Bakhita chiese ed ottenne di conoscere quel Dio che fin da bambina 'sentiva in cuore senza sapere chi fosse'. 'Vedendo il sole, la luna e le stelle, dicevo tra me: Chi è mai il Padrone di queste belle cose? E provavo una voglia grande di vederlo, di conoscerlo e di prestargli omaggio'.


Figlia di Dio
Dopo alcuni mesi di catecumenato Bakhita ricevette i Sacramenti dell'Iniziazione cristiana e quindi il nome nuovo di Giuseppina. Era il 9 gennaio 1890. Quel giorno non sapeva come esprimere la sua gioia. I suoi occhi grandi ed espressivi sfavillavano, rivelando un'intensa commozione. In seguito la si vide spesso baciare il fonte battesimale e dire: 'Qui sono diventata figlia di Dio!'. Ogni giorno nuovo la rendeva sempre più consapevole di come quel Dio, che ora conosceva ed amava, l'aveva condotta a sè per vie misteriose, tenendola per mano. Quando la signora Michieli ritornò dall'Africa per riprendersi la figlia e Bakhita, quest'ultima, con decisione e coraggio insoliti, manifestò la sua volontà di rimanere con le Madri Canossiane e servire quel Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. La giovane africana, ormai maggiorenne, godeva della libertà di azione che la legge italiana le assicurava.


Figlia di Maddalena
Bakhita rimase nel catecumenato ove si chiarì in lei la chiamata a farsi religiosa, a donare tutta se stessa al Signore nell'Istituto di S. Maddalena di Canossa. L'8 dicembre 1896 Giuseppina Bakhita si consacrava per sempre al suo Dio che lei chiamava, con espressione dolce, 'el me Paron'. Per oltre cinquant'anni questa umile Figlia della Carità, vera testimone dell'amore di Dio, visse prestandosi in diverse occupazioni nella casa di Schio: fu infatti cuciniera, guardarobiera, ricamatrice, portinaia. Quando si dedicò a quest'ultimo servizio, le sue mani si posavano dolci e carezzevoli sulle teste dei bambini che ogni giorno frequentavano le scuole dell'Istituto. La sua voce amabile, che aveva l'inflessione delle nenie e dei canti della sua terra, giungeva gradita ai piccoli, confortevole ai poveri e ai sofferenti, incoraggiante a quanti bussavano alla porta dell'Istituto.


Testimone dell'amore
La sua umiltà, la sua semplicità ed il suo costante sorriso conquistarono il cuore di tutti i cittadini scledensi. Le consorelle la stimavano per la sua dolcezza inalterabile, la sua squisita bontà e il suo profondo desiderio di far conoscere il Signore. 'Siate buoni, amate il Signore, pregate per quelli che non lo conoscono. Sapeste che grande grazia è conoscere Dio!'. Venne la vecchiaia, venne la malattia lunga e dolorosa, ma M. Bakhita continuò ad offrire testimonianza di fede, di bontà e di speranza cristiana. A chi la visitava e le chiedeva come stesse, rispondeva sorridendo: 'Come vol el Paron'.


L'ultima prova
Nell'agonia rivisse i terribili giorni della sua schiavitù e pi? volte supplicò l'infermiera che l'assisteva: 'Mi allarghi le catene...pesano!'. Fu Maria Santissima a liberarla da ogni pena. Le sue ultime parole furono: 'La Madonna! La Madonna!', mentre il suo ultimo sorriso testimoniava l'incontro con la Madre del Signore. M. Bakhita si spense l'8 febbraio 1947 nella casa di Schio, circondata dalla comunità in pianto e in preghiera. Una folla si riversò ben presto nella casa dell'Istituto per vedere un'ultima volta la sua 'Santa Madre Moretta' e chiederne la protezione dal cielo. La fama di santità si è ormai diffusa in tutti i continenti.


_______________________
Aggiunto il 26-Apr-2001
Letto da 3580 persone




JOSEPHINE BAKHITA

Also known as
Giuseppina Bakhita; Madre Moretta; Sister Moretta
Memorial
8 February
Profile
Born to a wealthy Sudanese family, she was kidnapped by slave-traders at age 9, and given the name Bakhita by them. Sold and resold in the markets at El Obeid and Khartoum, finally purchased in 1883 by Callisto Legnani, Italian consul who planned to free her. She accompanied Legnani to Italy in 1885, and worked for the family of Augusto Michieli as nanny. She was treated well in Italy, and grew to love the country. An adult convert, joining the Church on 9 January 1890, she took the name of Josephine as a symbol of her new life.


She entered the Institute of Canossian Daughters of Charity in Venice, Italy in 1893, taking her vows on 8 December 1896 in Verona, and serving as a Canossian Sister for the next fifty years. Her gentle presence, her warm, amiable voice, and her willingness to help with any menial task were a comfort to the poor and suffering people who came to the door of the Institute. After a biography of her was published in 1930, she became a noted and sought after speaker, raising funds to support missions.
Born
1868 at Oglassa, Darfur, Sudan
Died
8 February 1947 of natural causes in Italy
Name Meaning
the lucky one; fortunate ( = bakhita); whom the Lord adds (Joseph)
Beatified
17 May 1992 by Pope John Paul II
Canonized
1 October 2000 by Pope John Paul II at Saint Peter's Basilica, Rome, Italy; thought to be the only saint originally from Sudan
Patronage
Sudan




Saint Josephine Bakhita Was a Humble Witness to God's Love
Mother Josephine Bakhita was born in Sudan in 1869 and died in Schio (Vicenza) in 1947.


This African flower, who knew the anguish of kidnapping and slavery, bloomed marvelously in Italy, in response to God's grace, with the Daughters of Charity.


Mother “Moretta”


In Schio (Vicenza), where she spent many years of her life, everyone still calls her “our Black Mother”. The process for the cause of Canonization began 12 years after her death and on December 1st, 1978 the Church proclaimed the Decree of the heroic practice of all virtues.


Divine Providence which “cares for the flowers of the fields and the birds of the air”, guided the Sudanese slave through innumerable and unspeakable sufferings to human freedom and to the freedom of faith and finally to the consecration of her whole life to God for the coming of his Kingdom.


In Slavery


Bakhita was not the name she received from her parents at birth. The fright and the terrible experiences she went through made her forget the name she was given by her parents. Bakhita, which means “fortunate”, was the name given to her by her kidnappers.


Sold and resold in the markets of El Obeid and of Khartoum, she experienced the humiliations and sufferings of slavery, both physical and moral.


Towards freedom


In the Capital of Sudan, Bakhita was bought by an Italian Consul, Callisto Legnani . For the first time since the day she was kidnapped, she realized with pleasant surprise, that no one used the lash when giving her orders; instead, she was treated in a loving and cordial way. In the Consul's residence, Bakhita experienced peace, warmth and moments of joy, even though veiled by nostalgia for her own family, whom, perhaps, she had lost forever.


Political situations forced the Consul to leave for Italy. Bakhita asked and obtained permission to go with him and with a friend of his, a certain Mr. Augusto Michieli.


In Italy


On arrival in Genoa, Mr. Legnani, pressured by the request of Mr. Michieli's wife, consented to leave Bakhita with them. She followed the new “family”, which settled in Zianigo (near Mirano Veneto). When their daughter Mimmina was born, Bakhita became her babysitter and friend.


The acquisition and management of a big hotel in Suakin, on the Red Sea, forced Mrs. Michieli to move to Suakin to help her husband. Meanwhile, on the advice of their administrator, Illuminato Checchini, Mimmina and Bakhita were entrusted to the Canossian Sisters of the Institute of the Catechumens in Venice. It was there that Bakhita came to know about God whom “she had experienced in her heart without knowing who He was” ever since she was a child. “Seeing the sun, the moon and the stars, I said to myself: Who could be the Master of these beautiful things? And I felt a great desire to see him, to know Him and to pay Him homage...”


Daughter of God


After several months in the catechumenate, Bakhita received the sacraments of Christian initiation and was given the new name, Josephine. It was January 9, 1890. She did not know how to express her joy that day. Her big and expressive eyes sparkled, revealing deep emotions. From then on, she was often seen kissing the baptismal font and saying: “Here, I became a daughter of God!”


With each new day, she became more aware of who this God was, whom she now knew and loved, who had led her to Him through mysterious ways, holding her by the hand.


When Mrs. Michieli returned from Africa to take back her daughter and Bakhita, the latter, with unusual firmness and courage, expressed her desire to remain with the Canossian Sisters and to serve that God who had shown her so many proofs of His love.


The young African, who by then had come of age, enjoyed the freedom of choice which the Italian law ensured.


Daughter of Saint Magdalene


Bakhita remained in the catechumenate where she experienced the call to be a religious, and to give herself to the Lord in the Institute of Saint Magdalene of Canossa.


On 8 December 1896 Josephine Bakhita was consecrated forever to God whom she called with the sweet expression “the Master!”


For another 50 years, this humble Daughter of Charity, a true witness of the love of God, lived in the community in Schio, engaged in various services: cooking, sewing, embroidery and attending to the door.


When she was on duty at the door, she would gently lay her hands on the heads of the children who daily attended the Canossian schools and caress them. Her amiable voice, which had the inflection and rhythm of the music of her country, was pleasing to the little ones, comforting to the poor and suffering and encouraging for those who knocked at the door of the Institute.


Witness of love


Her humility, her simplicity and her constant smile won the hearts of all the citizens. Her sisters in the community esteemed her for her inalterable sweet nature, her exquisite goodness and her deep desire to make the Lord known.


“Be good, love the Lord, pray for those who do not know Him. What a great grace it is to know God!”


As she grew older she experienced long, painful years of sickness. Mother Bakhita continued to witness to faith, goodness and Christian hope. To those who visited her and asked how she was, she would respond with a smile: “As the Master desires.”


Final test


During her agony, she re-lived the terrible days of her slavery and more then once she begged the nurse who assisted her: “Please, loosen the chains... they are heavy!”


It was Mary Most Holy who freed her from all pain. Her last words were: “Our Lady! Our Lady!”, and her final smile testifiedto her encounter with the Mother of the Lord.


Mother Bakhita breathed her last on 8 February 1947 at the Canossian Convent, Schio, surrounded by the Sisters. A crowd quickly gathered at the Convent to have a last look at their «Mother Moretta» and to ask for her protection from heaven. The fame of her sanctity has spread to all the continents and many are those who receive graces through her intercession.

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